28 luglio 2016

Gli eredi di Atlas - Veronika Santiago



Trama


Come raggiungere un luogo che non è segnato sulla mappa? Che è qui, ma è anche lì? Che è dietro, ma anche davanti a te? Che è OgniDove? Ma soprattutto, come raggiungerlo se solo il tuo io più profondo, quello irrazionale, è a conoscenza di questo luogo?
Per poter raggiungere OgniDove, non ti resta che proseguire nella lettura di questo meraviglioso libro…


Recensione


Avevo proprio voglia di leggere un fantasy, ancora di più se ci sono in vista dei folletti dispettosi! Ho avuto l'opportunità di conoscere questa autrice grazie all'iniziativa proposta da Chiacchiere Letterarie e ne sono rimasta entusiasta!  
In particolare ho trovato stupenda l'idea di "catapultare" i nostri eroi in un mondo magico, ma pieno di insidie, e non i soliti "eroi di nascita". Curioso anche il fatto che non si conoscessero tra loro! 
Non vedo l'ora di continuare con gli altri tre volumi della saga per sapere come si evolverà la storia, ma soprattutto per conoscere meglio questi stupendi personaggi!

Intervista a Veronika Santiago

1) Self-publishing, perché? Prima di decidere per il self-publishing hai contatto delle case editrici? Hai chiesto pareri a parenti/ amici/altro?
La mia avventura come scrittrice è iniziata senza pretese, si è trattato più che altro di una sorta di sfida personale: “Vediamo se sono in grado di scrivere un libro”. Poi, anziché un libro, è venuta fuori una saga, ma questo è un’altra storia ;-) Fino ad allora avevo scritto solo pagine volanti, racconti, niente di strutturato, solo per il piacere di prendere la penna in mano e vedere dove mi portava la fantasia.
Quando ho finito il primo libro, dopo tutto il lavoro fatto, mi dispiaceva lasciarlo chiuso in un cassetto così ho provato a inviarlo ad alcune case editrici, ma solo perché non conoscevo un altro modo di proporlo. Le risposte le sto ancora aspettando… :-D :-D :-D
Pareri a parenti e amici li ho chiesti, ovviamente: in cuor mio ho sempre saputo che i loro commenti erano bonariamente fuorviati dall’affetto, ma all’inizio avevo bisogno di un po’ di incoraggiamento.
Poi finalmente ho scoperto il self-publishing e questo mi ha dato modo di mettermi in gioco, vedere come poteva essere percepito il mio lavoro, comprenderne punti di forza e debolezze: in altre parole, capire se ne valeva la pena o se era meglio continuare ad accumulare pagine su pagine in un cassetto.

2) Quanto tempo è passato dall’idea della storia da raccontare alla scrittura dell’ultima parola del primo volume?
Considerando che era il primo libro (e che ho un lavoro a tempo pieno), non molto devo dire, forse un anno, un anno e mezzo al massimo. Scrivevo quando potevo, senza una tabella di marcia o tempi di stesura prefissati. Il vero lavoro è iniziato a libro finito. L’inesperienza mi aveva portato a una serie di errori banali, ingenuità da principiante: se riprendo in mano oggi la prima stesura, mi si accappona la pelle. Così ho iniziato a riscriverlo, capitolo per capitolo: quello è stato un lavoro un po’ più lungo. Dopotutto non si può pretendere di nascere e volare, no? Con i libri successivi infatti è stato tutto molto più semplice e veloce.

3) Quali consigli daresti a chi ha qualcosa da raccontare, ma ha bisogno di qualcuno che lo sproni?
Chi ha qualcosa da raccontare deve solo scrivere. Si impara con il tempo e con l’esperienza. Ci sono tanti bravi editor e correttori di bozze che possono aiutarti a migliorare lo stile, ad affinare il testo, a evitare di cadere in errori ingenui, a tagliare parti inutili (questa è la fase più dura all’inizio). Il self è un buon modo per farsi le ossa. Impegnativo, senza dubbio: c’è da curare il libro in ogni sua parte, dall’editing alla copertina, occuparsi della pubblicazione sulle piattaforme, fare promozione. Ma consente di maturare esperienza a trecentosessanta gradi, acquisire consapevolezza, farsi conoscere e migliorare.

4) Hai qualche altra storia nel cassetto?
Ho un sacco di altre storie stipate nel cassetto, o per meglio dire, nella testa: loro sgomitano e non vedono l’ora di uscir fuori, e io purtroppo non riesco a trovare il tempo per star dietro a tutte. Il prossimo lavoro a cui metterò mano sarà una saga epic fantasy da scrivere a quattro mani con mio marito, un progetto ampio con tante ambientazioni diverse, molti personaggi e relative microstorie. Un’altra idea che mi frulla nella testa è un distopico, ma per ora ho solo definito la storia di base. E poi chissà, magari un giorno torno a fare un salto sull’isola di OgniDove.

5) Tornassi indietro, cambieresti qualcosa? Se sì, per quale motivo?
Se potessi tornare indietro, rifarei le stesse scelte, ma aspetterei a pubblicare. Mi sono resa conto che libro dopo libro sono migliorata (soprattutto nei dialoghi e nel ritmo della storia). Probabilmente se avessi aspettato la fine della saga prima di pubblicare avrei rimesso mano al primo libro per portarlo al livello degli altri tre. Ogni tanto mi viene ancora voglia di farlo… poi penso a tutte le altre storie che sono in coda ad aspettare di essere raccontate e penso: “Forse ora è il loro turno”.

6) Come mai Duncan ha bisogno di vedere nel sogno la sua amata, prima di prendere una decisione? Inoltre, è davvero sicuro di aver scelto, oppure è solo un tentativo di ripercorrere i passi del suo antenato?
Duncan all’inizio teme di essere un pericolo per gli Eredi e gli abitanti di OgniDove, a causa dei suoi sogni del passato, dove scopre che la distruzione di Atlas è avvenuta per mano di Ulkart. Vedere il lato umano dell’ultimo Reggente del Fuoco lo persuade di avere una possibilità di redenzione: se Ulkart non era stato solo un mostro, come aveva sempre creduto, forse anche per lui c’era ancora una speranza.
Per quanto riguarda la seconda domanda: hai presente il primo amore? Quando la storia finisce e sei convinto che non riuscirai mai più a provare un sentimento tanto forte? È questo ciò che succede a Duncan: la prima volta che conosce l’amore, lo fa attraverso Ulkart e non riesce a immaginare di poter amare qualcun’altra se non lei.

7) Duncan combatte una guerra interiore più violenta di qualsiasi battaglia, è il più forte, ma si può dire che sia anche il più “debole” perché non riesce ad affrontare le sue paure con qualcuno?
Ogni Erede, non solo Duncan, dovrà affrontare le proprie paure e debolezze prima di riuscire a far emergere l’eredità di Atlas che gli consente il dominio sugli elementi. Qualcuno ci riuscirà un po’ prima di altri, ma si tratterà di battaglie che ognuno di loro dovrà affrontare, prima o poi, fino a scoprire che il vero potere non è dato dalla forza ma dalla consapevolezza. Saranno quindi le loro scelte, e non le armi, a fare la differenza nelle sorti della battaglia.
Ogni libro della saga è dedicato a uno dei protagonisti della storia: ad Aisha “Gli Eredi di Atlas”, a Duncan “Il Varco dell’Apocalisse”, a Dean “La Tempesta del Tempo” e infine ad Aurora “I Manoscritti del Destino”.

8) Perché solo Aisha vede le creature fantastiche?
Tutti gli abitanti di OgniDove vedono gli spiriti di natura in quanto discendenti dei superstiti di Atlas. Tra gli Eredi, Aisha non è l’unica a vederli, è solo la prima che riesce a farlo. Sognatrice, testarda e piena di fiducia nel mondo, è anche naturalmente predisposta a credere in ciò che non si vede: così riesce in modo quasi spontaneo a superare quel velo che impedisce agli esseri umani di entrare in contatto con gli elementali. Ma non solo: gli spiriti di natura possono decidere se farsi vedere o meno. I folletti nutrono subito simpatia per Aisha e decidono di addensarsi abbastanza per presentarsi. Nel primo libro conosciamo solo i folletti, ma nel corso della saga entreranno in gioco anche silfidi e ondine, fate e salamandre.
Lascio un link a un post con qualche curiosità su Prias e compagni, ovvero quando i personaggi nascono per caso e alla fine non riesci più a farne a meno…


9) Perché gli abitanti di OgniDove, superstiti di Atlas, non vivono al castello, ma a VillaPetra?
VillaPetra è il cuore pulsante di OgniDove, oltre ad essere in una posizione strategica sull’isola, possiede caratteristiche uniche. Il castello, soprattutto all’inizio, è sfruttato solo per la fucina, l’armeria e come luogo di addestramento: è la zona dell’isola dedicata al Fuoco, così come lo sono l’Altopiano dei Menhir per l’Aria, il Tempio per la Terra, la spiaggia e il faro per l’Acqua e lo Sperone dell’Etere per la quintessenza.

SPOILER ALLERT: l’Etere è sia maschio sia femmina, o meglio nessuno dei due, quindi rappresenta insieme i due Eredi?
Diciamo di sì. L’Etere è l’elemento più enigmatico della saga, così come lo sono i suoi Reggenti e rispettivi Eredi. L’esistenza di Angel è un’anomalia, lo si capirà meglio nel secondo libro.


Grazie Veronika che mi hai permesso di leggere la tua opera! Buona fortuna!

A presto
Serena


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